La settimana scorsa è scoppiata la polemica attorno all’avviso pubblico di ATS per la ricerca di personale medico-sanitario volontario disponibile a somministrare i vaccini anti Covid.
Una scelta a mio avviso poco comprensibile dal momento che questo tipo di attività comporta una certa dose di responsabilità, competenze specifiche e una serie di rischi connessi alla somministrazione del vaccino, non indifferenti. Come sostenuto dallo stesso presidente dell’Ordine degli infermieri di Mantova, Andrea Guandalini “un servizio di alto impatto sociosanitario, come la vaccinazione”, deve essere “formalizzato anche attraverso una forma contrattuale che riconosca il valore dei professionisti”.
Lo ha già previsto il governo, che offre incarichi di lavoro autonomo e di collaborazione coordinata e continuativa, con durata non superiore a sei mesi, a medici e infermieri già in pensione. Lo ha fatto l’Asst di Mantova, che ha reclutato il personale pagandoli a ore e con contratto di libera professione. E mi risulta che la stessa cosa sia stata fatta anche in Emilia-Romagna dove gli operatori sanitari vengano pagati 35€ all’ora per questo tipo di prestazioni.
La somministrazione dei vaccini richiede una professionalità che merita un compenso adeguato. Chiedere di fare volontariato significa, a mio avviso, sminuire questa professionalità.
